L’Agenzia delle Entrate può chiedere di giustificare i versamenti in contanti sul proprio conto corrente, anche se sei un consumatore con lavoro in proprio o dipendente. Ecco come funziona.

I versamenti in contanti sul conto corrente insospettiscono il fisco, soprattutto perché si tratta di denaro non controllato dall’Agenzia delle Entrate. I soldi che ricevi per lo stipendio, infatti, sono sempre tassati. Tra le tasse statali, noterai l’Irpef, sigla che indica l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Che un consumatore sia un dipendente con busta paga o un libero professionista autonomo obbligato alla fatturazione, lo Stato gli impone una serie di tasse. Bisogna pagarle solo sul reddito dichiarato e quindi tracciato. Ecco perché che scattano i controlli dell’Agenzia delle Entrate su tutti gli altri possibili redditi che potresti avere, in nero.

Versamenti in contanti sul conto corrente: cosa fa l’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, infatti, effettua verifiche sui versamenti in contanti sul conto corrente. Essa suppone che il denaro che il consumatore versa provenga da redditi non dichiarati e, per questo, gli chiede di giustificarli. Nel caso in cui il consumatore non riuscisse a giustificarli in modo adeguato, il fisco potrebbe decidere di tassaglierli, anche se non provengono da attività lavorative.

Quando si rischia l’accertamento sui versamenti in contanti sul conto corrente

In primis, bisogna chiarire quando il fisco potrebbe essere insospettito dai versamenti in contanti sul conto corrente, postale o bancario non fa differenza. Il versamento in questione non è automaticamente oggetto di controlli e lo diventa nel caso in cui, da opportune verifiche, emergesse un reddito sproporzionato rispetto al versamento. Per questo motivo, i disoccupati senza reddito rischiano maggiormente di incorrere in controlli.

Ecco alcuni esempi

Lo Stato ammette che il consumatore possa prelevare quanti soldi vuoi dal suo conto corrente e non gli chiede di motivare i prelievi. Lo Stato accetta anche che il consumatore possa prelevare una cifra superiore alle spese da sostenere e che quindi riesca a realizzare un risparmio. Potrebbe decidere di versare tale risparmio sul conto corrente. In questo caso, non è previsto alcun accertamento. Se ad esempio lo stipendio netto è di 1.000 euro al mese e ne preleva 500 per le spese, potrebbe poi depositarne 100 tramite versamento in contante.

Se, invece, lo stipendio netto è di 1.000 euro e si trova a versare 3.000 euro, nessuno gli chiederà spiegazioni allo sportello. Il fisco potrebbe, però, insospettirsi ed ipotizzare che il consumatore abbia percepito un reddito aggiuntivo da lavoro in nero. Il versamento in questione non è proporzionato al suo reddito e l’Agenzia delle Entrate è legittimata a sospettare che il consumatore abbia incassato altro denaro.

versamento in contanti

Versamenti in contanti sul conto corrente: come si giustificano

versamenti in contanti sul conto corrente non sempre derivano da evasione fiscale. Il consumatore potrebbe aver ricevuto quei soldi da un parente o da un amico per un’occasione speciale: potrebbero essere un regalo di compleanno o di laurea. I soldi in contanti potrebbero derivare da una vincita o da un rimborso spese che i suoi genitori gli corrispondono perché in passato hai prestato loro dei soldi. In questi casi è necessario avere una prova scritta. Se non si forniscono sufficienti spiegazioni, infatti, gli importi versati in contanti vengono tassati perché si presume che il consumatore abbia evaso il fisco.

Nelle cause tributarie, la testimonianza non ha valore. In caso di accertamenti, colui che ha regalato il denaro in contanti non potrebbe testimoniare oralmente a  favore. L’unica prova valida è quella scritta, recante la data del passaggio di denaro.

Ecco cosa puoi fare:

  • preferire assegni o bonifici al posto del denaro liquido e conservane traccia: sarà più facile giustificare gli importi ricevuti;
  • prevedere scritture private tra te e il tuo benefattore.

Versamenti in contanti sul conto corrente: scritture private per giustificare gli importi

Il regalo in contanti fa parte delle “donazioni” che vanno giustificate per iscritto con l’indicazione di una data certa. La data certa non è quella che puoi apporre l’interessato ma va certificata attraverso un timbro postale oppure attraverso l’invio di una PEC (posta elettronica certificata).

Puoi fare ricorso anche a fax e telegrammi ma è sufficiente una semplice lettera inviata per posta (che non dovrai aprire, altrimenti invaliderai la prova perché separerai la lettera dalla busta recante la data di spedizione). La scrittura privata dovrà indicare i dati delle persone coinvolte e l’importo preciso donato. Per la donazione volontaria non è necessario specificare alcun motivo.

Cosa succede se il consumatore non riesce a motivare adeguatamente il versamento in contanti

L’Agenzia delle Entrate può ritenere valide le motivazioni scritte ed interrompere gli accertamenti. Vanno considerati però altri due casi:

  • non sei in grado di giustificare per iscritto i versamenti in contanti;
  • l’Agenzia delle Entrate non reputa soddisfacenti le prove scritte fornite.

In entrambi i casi, la conseguenza è la tassazione degli importi versati. Non sono previste conseguenze penali ma solo tributarie. In poche parole bisognerà pagare tasse e sanzioni.  L’Agenzia delle Entrate ha 7 anni per gli accertamenti. Pertanto consigliamo di conservare  le prove per un periodo di tempo adeguato.

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