Numerosi studi, inchieste e campagne di sensibilizzazione hanno ampiamente documentato l’impatto devastante che l’industria della moda e il consumismo sfrenato hanno sul pianeta. Eppure, nonostante le crescenti evidenze quotidiane, i consumatori sembrano restare sordi ai richiami di un cambiamento necessario nelle abitudini di acquisto e nell’approccio allo shopping compulsivo.

I dati sono allarmanti: il consumo globale di abbigliamento ha già raggiunto le 62 milioni di tonnellate annue e secondo le proiezioni, potrebbe addirittura aumentare fino a 102 milioni di tonnellate entro il 2030. Una crescita esponenziale che rischia di mandare in tilt i già fragili equilibri ambientali.

Per quanto gli organismi internazionali, le associazioni e i singoli brand provino a promuovere modelli di consumo più sostenibili attraverso messaggi diretti e campagne ad hoc, l’impatto sulla massa dei consumatori appare minimo. Come spiegare questa diffusa indifferenza di fronte a una crisi ambientale che rischia di compromettere il futuro delle prossime generazioni?

Secondo alcuni analisti, parte del problema risiede nelle modalità di comunicazione adoperate finora. Messaggi troppo diretti, retorici o urtanti sembrano avere l’effetto contrario, portando le persone a innalzare barriere difensive e a ignorare i richiami alla responsabilità. Forse è necessario cambiare approccio, utilizzando strategie più accattivanti e coinvolgenti per scardinare le resistenze individuali.

Un esempio in questa direzione arriva dal noto marchio outdoor Patagonia, che ha appena lanciato un singolare documentario dal titolo “The Shitthropocene”. Un’opera volutamente trasgressiva e irriverente che prova a sdoganare le conversazione dai toni austeri e buonisti, puntando su un umorismo dissacrante e controcorrente.

Attraverso una narrazione divertente, che spazia dalle grotte primitive fino alle corti aristocratiche del Settecento, il documentario intende attirare l’attenzione del pubblico sulla gravità della situazione ambientale senza perdere di vista l’obiettivo di intrattenere e coinvolgere lo spettatore. Un approccio di rottura, che conferma l’urgenza di trovare nuove chiavi di lettura per sensibilizzare una società sempre più distratta e apatica.

Che questa possa essere la strada vincente? Al di là delle singole formule di comunicazione, resta comunque fondamentale un rinnovato impegno delle istituzioni e un’assunzione di responsabilità a tutti i livelli, dai grandi player economici fino ai singoli cittadini. Solo prendendo realmente coscienza dell’insostenibilità dei nostri modelli di produzione e consumo potremo iniziare a invertire la rotta.

Fonte: https://www.nytimes.com/2024/05/02/style/patagonia-documentary-sustainability.html

Foto di Steve Buissinne da Pixabay

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