Alcune regole dell’Unione Europea nell’ambito del Patto di Stabilità, ora potrebbero cambiare

Il Patto di stabilità è uno dei pilastri su cui si regge la politica economica dell’Unione Europea. Si basa sul rispetto, da parte degli stati membri, di alcuni parametri di bilancio e ruota attorno a due regole fondamentali: il rapporto deficit-Pil, che non deve superare il 3%, e quello debito-Pil, che deve restare sotto al 60%. La Commissione in questi anni di crisi dovuti all’emergenza sanitaria e al carovita, ha deciso di sospendere l’accordo fino alla fine del 2023.

Le ipotesi

Alcune regole dell’Unione Europea nell’ambito del Patto di Stabilità, ora potrebbero cambiare. Non saranno modificati i parametri stabiliti dai trattati europei come il 3% nel rapporto deficit-Pil e il 60% nel rapporto Debito-Pil. Nei prossimi anni i Paesi europei con debito ad alto rischio potrebbero però essere supervisionati dalla Commissione europea, che potrà esaminare le politiche dei governi nazionali e chiedere agli esecutivi di rientrare dall’eccessiva esposizione. Tra i Paesi storicamente sotto la lente di ingrandimento c’è l’Italia. La riforma del Patto di Stabilità dovrebbe essere discussa e approvata la prossima settimana. Obiettivo della riforma è rendere il Patto di stabilità più coerente con le diverse esigenze dei paesi, alle prese con gli strascichi della pandemia, del caro energia e della guerra in Ucraina. I paesi più indebitati continueranno ad essere quindi sorvegliati speciali ma qualcosa potrebbe peggiorare in termini di condizionalità.

L’Italia che ha il rapporto debito-Pil vicino al 150%, è la pecora nera dopo la Grecia. I trattati europei vigenti stabiliscono che un paese con un debito superiore al 60% del Pil deve ridurre la spesa almeno di un ventesimo ogni anno. Questa regola, tutt’ora in vigore ma mai applicata fino ad oggi, comporterebbe per l’Italia interventi di rientro per almeno 50 miliardi all’anno, causando ingenti danni al paese. Si tratta infatti di una misura inconciliabile con la situazione economica attuale e che la Commissione si appresta a modificare. Stesso discorso vale per la regola che stabilisce il miglioramento obbligatorio dei saldi dello 0,5 per chi non raggiunge il pareggio di bilancio. Sulla carta, una buona notizia per l’Italia.

Nella trattativa europea però rientrano anche le proposte dei “falchi” europei, cioè quei i paesi in attivo con il rapporto debito pil. Questi paesi hanno chiesto ai tecnici dell’Unione Europea, come contropartita un controllo più restrittivo sui criteri di vigilanza e un rafforzamento delle misure sanzionatorie nei confronti di chi non si adegua alle regole. I paesi con debito eccessivo dovranno concordare un piano di rientro quadriennale con la Commissione. Una valutazione specifica per ogni paese.

Patto di stabilità: Italia fanalino di coda

L’Italia quindi, dal 1° gennaio 2024, quando cesserà la sospensione del Patto di Stabilità, dovrà presentare alla Commissione un piano per ridurre il debito nei successivi quattro anni, con margini di autonomia molto limitati. L’esame di fronte alla Commissione dovrà essere svolto ogni anno, in occasione della legge di bilancio. Il modello è quello del Pnrr con verifiche costanti e l’indicazione di un percorso di aggiustamento fiscale ben definito. Se i “compiti a casa” non dovessero essere rispettati, partirebbe subito la procedura d’infrazione. Se il disegno legislativo pensato dalla Commissione dovesse diventare realtà, l’Italia nei prossimi anni, rischia di dover negoziare quasi ogni iniziativa di politica economica.

 

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