Secondo l’analisi condotta nel 2010 dall’Osservatorio Media Permanente Nimby, gli italiani sarebbero ancora fortemente contrari alla realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Nimby (not in my back yard, non nel mio giardino), questa è la parola inglese che sta ad indicare un fenomeno in forte crescita come quello della contestazione da parte dei cittadini per protestare contro opere ritenute dannose per l’ambiente. Le proteste riguardano soprattutto le centrali elettriche che con il 58,1% comprende 186 casi contestati sui 320 totali. Il comparto elettrico si conferma quindi per il secondo anno consecutivo il settore più contestato; restano stabili, seppur con leggeri scostamenti i settori relativi al comparto dei rifiuti 32,5% (che negli anni passati, in conseguenza della situazioni in Campania aveva destato maggiori contenziosi locali) seguito da quello delle infrastrutture 5,3% (come nel caso della linea Tav ad alta velocità).
Di segno opposto è invece il trend che interessa gli impianti industriali, quali cementifici, impianti di trattamento oli, impianti di raffinazione, che registrano una crescita di oltre il 2% negli ultimi anni.
Il Nord Est risulta essere l’area con il maggior numero di impianti contestati, soprattutto nel territorio lombardo, veneto e toscano.
Nel tempo sono cambiati anche i contestatori: se da sempre i comitati locali portavano avanti queste battaglie, con le liste civiche in testa (60,1%), oggi gli oppositori emergenti e sempre più forti sono rintracciabili nella politica: sindaci e assessori in testa indifferentemente dal colore politico.
Il dato più importante però, è che alla base delle proteste ci sarebbe la scarsa informazione da parte dei cittadini che vedrebbero in queste opere un male per l’ambiente e per la qualità della vita.
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