La Cassazione conferma la prescrizione quinquennale per le cartelle di pagamento

Con sentenza n. 7409 del 2020, la Cassazione ha ribadito, per l’ennesima volta, un concetto già lungamente enunciato che la prescrizione delle cartelle di pagamento è di 5 anni. Quindi, ancora una volta viene respinta la pretesa del fisco che è quella di far valere una prescrizione ordinaria decennale nel caso di specie. La Suprema Corte, infatti, nella pronuncia in commento si rifà proprio all’unanime orientamento giurisprudenziale, consolidato con la pronuncia a Sezioni Unite n. 23397/2016, secondo cui la scadenza del termine per proporre opposizione avverso la cartella di pagamento, pur determinando la decadenza dall’impugnazione, produce come effetto unicamente l’irretrattabilità del credito contributivo, ma non determina la conversione del termine prescrizionale breve in quello ordinario decennale.

Cartella pagamento
 
 

Cartelle di pagamento: la decisione della Suprema Corte rispetto alla posizione dell’AgE

Secondo la Cassazione, la prescrizione dei crediti sottesi a cartelle di pagamento è la stessa di quella che riguarda i crediti previdenziali e assistenziali e i premi dovuti all’Inail. Diversamente da quanto vorrebbe l’Agenzia delle Entrate, infatti, la notifica della cartella non determina la conversione del termine di prescrizione. Non trasforma cioè il termine da quinquennale a decennale ai sensi dell’art. 2953 c.c. Ciò in quanto questa ultima disposizione si applica nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo. Questa ipotesi non ricorre in caso di cartelle di pagamento, in quanto essa è atto amministrativo, priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Altra motivazione è che la notifica della cartella non avrebbe effetto novativo dell’obbligazione sottostante.

Nessun regime privilegiato per l’Agenzia delle Entrate

Si tratta di una difesa più volte dispiegata dall’Amministrazione ma puntualmente rimandata al mittente. Infatti, il subentro al creditore dell’Agenzia delle Entrate, come ente preposto al recupero delle cartelle di pagamento, non nova l’obbligazione. Non c’è, infatti, alcun mutamento della natura del credito che resta assoggettato alla stessa disciplina di partenza. Quindi, anche alla relative prescrizione. Riguardo alla prescrizione, quindi, l’ostinazione dell’Agenzia delle Entrate a veder riconosciuto un regime privilegiato, non è stata premiata. Infatti, sempre sulla stessa questione di diritto essa si è trovata perennemente a dover soccombere, anche recentemente con sentenza 1652 del 2020. L’allungamento del termine per pretendere i pagamenti dai contribuenti consumatori esporrebbe i medesimi ad un costante pressing. Ed è proprio per contingentare in tempi ragionevoli la pretesa creditoria del fisco che la Corte di Legittimità non demorde sul punto.

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