Il pesce non arriva, i ristoranti chiudono. Mentre le federazioni dei pescatori di tutta Europa incontrano a Bruxelles il commissario europeo per gli affari marittimi Joe Borg, il fermo dei pescherecci contro il caro gasolio si ripercuote, anche pesantemente, sulle attività commerciali del territorio. Stop delle prenotazioni, menù improvvisati, e nella peggiore delle ipotesi la chiusura dei battenti. Sulla porta il cartello: «chiuso per mancanza di pesce». La crisi dilaga insomma, e colpisce la filiera ittica da cima a fondo. A Terracina i primi a risentire dello stop dei pescatori sono proprio i ristoranti che servono sulla tavola solo il pescato locale. Ne sa qualcosa il ristorante «La Cambusa», che addirittura ha dovuto chiudere i battenti per la carenza del pescato. «A fronte delle prenotazioni ricevute, non c’è altro da fare – fa sapere il gestore del noto ristorante – il pesce non si trova. Le paranze non escono, ed è raro rimediare anche prodotti provenienti dalla piccola pesca». Stessa cosa per l’osteria «Il Granchio»: «Domenica scorsa – osserva il proprietario – abbiamo dovuto rifiutare una prenotazione per mancanza di materia prima. Il pescato locale è completamente scomparso». Non cambia la musica per il ristorante «Marconi 23», che per non fermare l’attività deve arrangiare il pescato dalle barche locali, che però sono sempre più rare. «In alternativa – dichiara il gestore – offriamo menù di carne». Qualcosa si rimedia, insomma. Ma sono briciole che non riescono a coprire la domanda dei consumatori. C’è chi invece si adegua e lavora di fantasia, crea menù alternativi pur di garantire il servizio ai clienti e, soprattutto, il lavoro ai dipendenti.
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