La sottrazione del mercato della marijuana alle organizzazioni criminali non farà certamente scomparire il traffico e non si disincentiva lo spaccio di droghe pesanti. E allora perché liberalizzare l’uso  delle droghe leggere che, secondo letteratura scientifica, pur danno dipendenza? Perché bisogna prendere atto che il proibizionismo per queste ultime (nato certamente con intenti positivi) ha fallito perché non ha arginato la loro diffusione. Ed è fallita anche l’azione repressiva rivolta a contenere l’uso dei cannabinoidi, in gran parte dovuta alla depenalizzazione del reato. La legalizzazione regolamentata probabilmente avrebbe ricadute sanitarie,  sociali ed economiche. La sostanza avrà una maggiore visibilità e farà crollare il mercato fiorente via web. Si spenderà di meno per l'azione sanzionatoria della Magistratura e repressiva delle Forze di Polizia, aumenterà il bilancio dello Stato, migliorerà la qualità dello stupefacente, ma certamente non intaccherà minimamente il traffico illegale e non sottrarrà alle organizzazioni criminali dei grossi capitali.

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La rete malavitosa si muove su contesti internazionali ed è così capillarizzata e ramificata negli Stati Uniti, in Colombia, nel Perù, in Bolivia, nel Messico, in Brasile, in Venezuela, in Pakistan, in Italia, che è certamente difficile eliminare tale fenomeno criminale. Il narcotraffico (il cui monopolio è detenuto dalla 'ndrangheta che gioca un ruolo strategico e fondamentale per le alleanze con i narcos messicani), considerato una forma di potere geoeconomico necessario per i Paesi in via di sviluppo, ma anche dei Paesi industrializzati (in Italia il complesso dell'economia criminale rappresenta circa il 10% del PIL mondiale) fa realizzare enormi profitti a dette organizzazioni (ancor più perché esso è legato anche al traffico clandestino di armi necessarie all’attività di movimenti insurrezionali e gruppi terroristici) al punto da corrompere e destabilizzare le economie e le istituzioni di diverse nazioni. Per combattere le mafie e per controllare con vigore questo fenomeno occorrerebbe o distruggere le coltivazioni illegali prodotte in quelle determinate aree geografiche pianificando una coltura alternativa assieme ad un’assistenza tecnica e finanziaria che possa mitigare le problematiche sociali dei Paesi produttori di droga, o una legalizzazione globale di tutte le droghe. Ipotesi queste utopistiche e “talmente irrealistiche e pericolose da non rientrare in nessuna agenda”.

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                                                                                                          Avv. Francesco Trapasso

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