Tra dubbi e certezze. La nuova preoccupazione dei consumatori riguarda l’utilizzo o meno della sigaretta elettronica.  Fa male? Fa bene? Per l’Istituto Superiore di Sanità tali oggetti potrebbero “riattivare l’abitudine al fumo” in chi ha già smesso. Da qui il suggerimento affinché, non esistendo “evidenza scientifica sufficiente a stabilire la sicurezza e l’efficacia come metodo per la disassuefazione, andrebbero regolamentate come dispositivi medici o prodotti farmaceutici e non come prodotti del tabacco”, come accade in Austria, Belgio, Germania, Portogallo e Svezia. Mentre nei Paesi come Australia, Canada, Norvegia sono vietate. In Francia le sigarette elettroniche sono solo autorizzate per scopi terapeutici, mentre il Regno Unito sta provvedendo a una regolamentazione. Anche gli Stati Uniti sarebbero orientati a sottoporle alle stesse prove di valutazione dei farmaci.  
Ma tornando in Italia, mentre l’Istituto sta cercando di capire bene gli eventuali rischi per la salute dei consumatori, secondo un’indagine, il 20% dei fumatori italiani (ovvero due milioni di persone) è interessato ad approcciarsi al fumo elettronico che ha un fatturato superiore ai 100 milioni di euro, tutti soldi tolti alle sigarette tradizionali il cui consumo risulta in calo del 15%, appannaggio sia dei tabacchi sfusi sia del “vaping”, ovvero il fumo elettronico.
La sigaretta elettronica è un prodotto figlio della tecnologia ma per certi versi fa fare un passo a ritroso: la varietà di modelli a disposizione, così come i diversi aromi, richiamano un pubblico giovane sul quale le major del tabacco hanno a lungo puntato, facendo credere che fumare fosse “cool” e molto “trendy”. 
Per forma e dimensioni, le elettroniche sono più o meno simili alle sigarette classiche, ma non bruciano tabacco e non utilizzano catrame; si attivano con un pulsante, si ricaricano con un cavo simile a quello del pc e il liquido, che viene trasformato in vapore, può contenere nicotina (in gradazioni differenti) o solo aromi (menta, liquirizia, fragola, vaniglia e sapore di tabacco i più comuni).
Attualmente sono circa mille i punti in franchising che vendono i kit di e-sigarette: i prezzi variano a seconda delle confezioni (da poche decine di euro fino a oltre 130) e delle ricariche (di diversi tipi: quelle liquide, dai 5 euro in su, di solito durano almeno una settimana). 
Ora, è evidente che, rispetto ad una sigaretta normale, contente un elevato numero di sostanze dannose al consumatore, l’e-sigaretta  fa meno male perché consente solo di inalare vapore di una soluzione di acqua, glicole propilenico, glicerolo, aromi naturali e nicotina (in quantità variabile o anche assente). Proprio quest’ultima è l’unica sostanza a trovarsi anche nelle sigarette, quindi, a meno di scoperte future, i danni che può causare sono limitati. 
L’unico rischio riguarda solo la diffusione dei nuovi dispositivi, determinando un ritorno indietro, cioè al ripristino in pubblico di gestualità e ritualità assimilabili a quelle dei consumatori di tabacco. D’altra parte però bisogna ammettere, appunto, che le sigarette elettroniche sottraggono i non fumatori all’assorbimento delle sostanze cancerogene contenute nel fumo. 
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