Secondo alcuni dati Istat relativi
/nai  consumi alimentari  nel nostro Paese, i single spendono il 60% in
/npiù per la spesa alimentare rispetto ad una famiglia tipica italiana formata in
/nmedia da 3 persone.  Come è possibile una
/ndisparità così alta? Basti pensare che all’ interno dei nuclei familiari
/nmonocomponenti, si  spende in media 300
/neuro al mese, mentre in un nucleo familiare formato da più persone ogni  singolo componente spende circa 190 euro al
/nmese (molto meno della metà).  Inoltre,  i motivi della maggiore incidenza della spesa
/nsono attribuibili anche agli acquisti di prodotti in formato monoporzione. Rispetto
/nai formati tradizionali,questi ultimi hanno dei costi maggiori e, di
/nconseguenza, in molti casi, un single è propenso all’acquisto di quantità di
/ncibo davvero esagerate che poi, 
/n
necessariamente, vengono gettate nella pattumiera.  In questo modo il gradino successivo dei
/nconsumatori single non può che essere lo spreco economico, praticamente inevitabile.  I single sono anche un segmento di
/npopolazione con uno stile di vita attento a risparmiare tempo a favore del
/nlavoro e soprattutto dello svago, che privilegia il consumo di piatti pronti.
/nUna scelta che aumenta notevolmente la spesa, poiché i cibi pronti per il
/nconsumo arrivano a costare anche cinque volte il prezzo delle materie prime
/nimpiegate; quindi, un modo utile per risparmiare tempo e fatica , ma anche un
/nesborso finanziario non indifferente per il portafoglio. E allora, se da una
/nparte è auspicabile una politica commerciale più attenta agli interessi ed ai
/nconsumi dei single, dall’altra si potrebbe anche spostare l’attenzione su un
/nrisparmio diverso a fronte di qualche minuto in più speso in cucina.

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