Chi ci assicura che l’acqua in bottiglia sia migliore rispetto a quella dell’acquedotto? Solo perché la “legge” del marketing ce la presenta come fonte di salute e di bellezza, non significa che sia la più pura.
Business e influenza della pubblicità hanno spinto gli Italiani, come evidenzia Legambiente, a preferire l’acqua minerale in bottiglia. In effetti, l’Italia è il primo Paese al mondo per tale consumo, con una spesa annua di 3,5 miliardi di euro. Per non considerare poi i danni ecologici, dato che su 350 mila tonnellate di plastica, solo il 30% circa viene riciclato.

Contro la mercificazione dell’acqua, tra l’altro quotata in borsa, molte scuole hanno promosso progetti di sensibilizzazione per evitare la violazione del diritto ad un bene pubblico, e non privato,  così prezioso. Come? Innanzitutto, parecchie Istituzioni scolastiche non hanno acconsentito all’installazione di distributori automatici di acqua in bottiglia (oltre che di merendine confezionate e di bibite). Di conseguenza, in diverse zone d’Italia, le mense sono rifornite con brocche d’acqua di rubinetto, l’unica potabile per legge, dal momento che quella minerale può contenere in quantità superiori sostanze come arsenico, sodio e cadmio.
L’Organizzazione Mondiale per la Salute (O.M.S.) ha stabilito linee guida per la sicurezza dell’acqua potabile. Quest’ultima è sottoposta a controlli più frequenti rispetto a quelli quinquennali della minerale (per il cambio dell’etichetta).

Creare una nuova cultura dell’acqua, promuovendo attività educative per i ragazzi, equivale a sviluppare un sano stile di vita, non solo per valorizzare l’oro blu del futuro, ma anche per evitarne sprechi, visto che c’è al mondo chi la implora.
Ovviamente, perché a scuola e a casa venga bevuta l’acqua dell’acquedotto, bisogna sottoporla a continue analisi chimiche e micro-batteriche, oltre che effettuare controlli alle tubature per garantirne la qualità.
E’ solo così che ci renderemo conto di possedere l’elisir di vita ruotando semplicemente il rubinetto, senza cadere in “alchimie” camuffate.

                                                                                Maria  Antonia  Naso

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