La Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia per le restrizioni nazionali imposte all’apertura di stazioni di servizio per la vendita di carburante. Secondo la Commissione, le disposizioni italiane sono in contrasto con l’articolo 43 del Trattato che prevede la libertà di stabilimento all’interno dell’Unione europea. Le norme in questione, imposte a livello sia statale che regionale nel settore della distribuzione di carburanti al dettaglio, impongono una serie di restrizioni che, spiega Bruxelles, rendono impossibile o per lo meno estremamente difficile l’ingresso sul mercato italiano di nuovi concorrenti provenienti da altri Stati membri dell’Ue.  A finire sotto accusa è stata innanzitutto la condizione che subordina l’apertura di nuove stazioni di servizio al rispetto delle linee di programmazione del mercato. Ma anche gli obblighi strutturali in materia di superficie minima e attività commerciali integrative imposti alle nuove stazioni di servizio. Nel mirino di Bruxelles sono finite anche le distanze minime che devono essere rispettate tra un distributore e un altro, le restrizioni relative agli orari di apertura e le modalità in base alle quali deve essere formulata l’autocertificazione necessaria per presentare la domanda di autorizzazione per l’apertura di un nuovo distributore. La Commissione ha però concesso all’Italia altri quattro mesi di tempo per verificare le possibilità di attuare concretamente una riforma del settore prima di procedere all’esecuzione della decisione di chiamare il paese in giudizio davanti alla Corte Ue.
Da una razionalizzazione delle rete di distribuzione dei carburanti si otterrebbero risparmi di 13-14 centesimi a litro e le famiglie potrebbero tagliare le proprie spese di 156 euro annui.

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