Quante volte ci è capitato di eliminare nel cestino, sia telematico che cartaceo, messaggi pubblicitari e indesiderati, stanchi di esserne sommersi senza averli mai richiesti… Finalmente, grazie al progressivo formarsi di una attenta giurisprudenza, è stato espressamente riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni civili, patrimoniali e morali, nel caso di “spamming”(invio di grandi quantità di messaggi indesiderati, generalmente commerciali). Lo ha affermato il Garante per la Tutela della Privacy, con un provvedimento del 4 ottobre 2007 pronunciato contro una società che inviava in modo sistematico, a molteplici persone, materiale pubblicitario e comunicazioni commerciali. La società colpita dal provvedimento operava senza il consenso dei destinatari, utilizzando, quindi, illegittimamente i dati personali delle persone. E’ ormai riconosciuto dalla giurisprudenza che ogni comunicazione pubblicitaria e /o commerciale, sia essa ricevuta via e-mail, fax, sms, mms e/o telefono, è illegittima se inviata senza consenso del destinatario, che va richiesto previamente per iscritto informando su finalità, modalità del trattamento, natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati, conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere, eventuale cessione dei dati a terzi, etc. Questo è supportato anche dal Codice della privacy (D.lg n.196/2003), e neppure il fatto che l’indirizzo, di fax o di posta elettronica, sia reperibile su internet o in elenchi liberamente consultabili, giustifica la sua utilizzazione per l’invio di messaggi non richiesti. Inoltre, l’interessato potrà, in ogni momento, secondo l’art. 7 del Codice della Privacy, accedere ai propri dati, chiederne l’aggiornamento e/o la cancellazione, senza spese a suo carico. Il Codice della privacy, con norme imperative e cogenti (artt.15 e 130) e il controllo svolto dal Garante, la cui attività si basa sulla pronuncia di provvedimenti, su ispezioni condotte con la collaborazione della Guardia di Finanza, sulla denuncia dei responsabili alla magistratura e sull’applicazione di sanzioni. Queste ultime vanno da 250 a 1.500 euro per comunicazioni senza consenso, fino alla reclusione per due anni nel caso di attività svolta a scopo di lucro.
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