Il problema da tempo dibattuto sulla liberalizzazione, regime attualmente vigente (vendita libera con possibilità di acquisire ovunque sostanze stupefacenti senza regolamentazione giuridica) e legalizzazione (vendita di contro regolamentata entro determinati limiti e controllata da parte dello Stato) della cannabis e dei suoi derivati (definiti universalmente ed impropriamente come “droghe leggere”) non ha mai trovato un punto di incontro tra proibizionisti e fautori di una ideologia liberatoria. Alla doverosa domanda “rispetto a che cosa?” sia gli uni che gli altri rispondono partendo da presupposti ed obbiettivi diversi. Premesso che la distinzione tra  droghe leggere (o light, a basso indice di Delta-9-tetraidrocannabinolo sotto lo 0,6%) e droghe pesanti non sempre, almeno dal punto di vista delle evidenze scientifiche, è esatto, ancor più perché tutte le sostanze, se abusate, creano comunque dipendenza (cioè il bisogno mentale infrenabile di rifugiarsi in un mondo artificiale)  e danni alla salute, e che in Italia, sostanzialmente, è già stata adottata una politica per la legalizzazione della marijuana a scopo terapeutico e farmacologico e che per la depenalizzazione (estesa anche al tossicomane minorenne, come statuito dall'art. 75, comma 5 TU 309/1990, del consumo di tutte le droghe (a seguito della novellazione introdotta dalla legge 49/2006, per cui l'uso personale di stupefacenti costituisce un illecito amministrativo non penalmente rilevante e non sanzionabile con strumenti  rieducativi o repressivi di rango penalistico), non va dubbio che  la problematica inerisce essenzialmente a  due aspetti: uno strettamente economico, l’altro fondamentalmente sociale e morale (in quanto creerebbe un effetto negativo di memoria socio-culturale molto pericoloso che influenzerebbe i rituali sociali e le credenze tipiche delle fasce giovanili). Secondo il DPA, i proibizionisti le spese a carico dello Stato sarebbero notevoli in quanto dovrebbero prevedere la necessità di disporre di aziende specializzate  per la produzione della droga, in modo da garantire le necessarie caratteristiche farmacologiche di sicurezza delle varie sostanze stupefacenti. Questo implicherebbe una struttura produttiva di alto livello tecnologico e un costo che graverebbe sul bilancio dello stato, oltre all'istituzione di punti vendita controllati per la produzione, coltivazione, raccolta, raffinazione, distribuzione (facendo lievitare il prezzo di almeno 3 volte rispetto a quello del mercato nero per cui al consumatore converrebbe continuare a comprare dagli spacciatori) che violerebbero, tra l'altro, l'anonimato e la riservatezza dei consumatori occasionali. Le persone che dovrebbero fruire di sostanze legali, infatti, dovrebbero accedere a sistemi di distribuzione controllati tramite un apposito identificativo allo scopo di evitare abusi e utilizzi impropri delle sostanze. Inoltre il mercato nero applicherebbe prezzi più bassi di quelli dei canali di vendita legali, riuscendo a mettere in crisi il processo di legalizzazione. Ben diversa appare la tesi degli antiproibizionisti. Alcuni economisti sostengono che la legalizzazione porterebbe numerosi vantaggi in termini di libero scambio, riduzione della criminalità, benefici sociali e forti vantaggi economici. Non va dimenticato, infatti, che in Italia l’holding del crimine, costituito  dalla mafia, dalla ‘ndrangheta e dalla camorra in contatto diretto con i cartelli colombiani, abili nel gestire i complessi sistemi di riciclaggio, produce un fatturato stimato in 24 miliardi di Euro l’anno, che entrerebbero a far parte del PIL. Volendo quantificare il danno prodotto dal proibizionismo e dalle restrizioni penali, basta considerare che l’Italia spende ogni anno, tra carceri, operazioni di polizia e Magistratura (8,4%), oltre 13 miliardi e mezzo di euro, per cui, secondo i fautori del liberalismo, la legalizzazione costituirebbe  uno strumento di rinforzo al gettito fiscale, comporterebbe notevoli benefici economici con riduzione della spesa pubblica e consentirebbe la realizzazione delle entrate grazie all'applicazione di alcune tassazioni.

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                                                                                                                                              Avv. Francesco Trapasso

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