Oltre ad essere un problema di grande valenza etica, lo spreco alimentare porta con sé un’insensata pressione sulle risorse naturali, sulla terra e nel clima. Produrre troppo significa usare più energia e materie prime del necessario: lo spreco di risorse viene così amplificato durante la distribuzione, poi nelle nostre case e infine anche nella fase di smaltimento dei rifiuti. Lo spreco alimentare e responsabile di circa il 5% delle emissioni che causano il riscaldamento globale e del 20% della pressione sulla biodiversità. Il 30% della terra destinata all’agricoltura viene utilizzata per produrre cibo che non arriva a destinazione e l’impronta idrica dello spreco è di circa 250 km cubici, l’equivalente del flusso annuale del fiume Volta o tre volte il volume del lago di Ginevra. Pensiamo che soltanto in Italia, per ogni famiglia sono 84,9 i kg di cibo che finiscono nell’immondizia, se aggiungiamo gli alimenti invenduti dei negozi e della grande distribuzione il cibo sprecato si attesta a 2,89 kg pro capite, di cui almeno il 35% potrebbe essere recuperato. Negli ultimi anni sono stati adottati soluzioni innovative su questo tema grazie anche all’approvazione della Legge Gadda (166/2016), che prevede incentivi e detrazioni fiscali per i donatori di cibo in eccesso, l’apertura di veri e propri supermercati antispreco in cui è possibile acquistare prodotti prossimi alla scadenza ma in perfette condizioni. Ricordiamo in oltre che già da tempo si sono adottate pratiche virtuose come l l’utilizzo della doggy bag e la raccolta di alimenti quale frutta e verdura esteticamente non esponibile, perché macchiata o troppo matura, all’esterno dei supermercati.
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