È iniziato il 9 aprile 2009 presso il tribunale di
/nTorino, il processo contro lo svizzero Stephan Schmidheiney ex presidente del
/nconsiglio di amministrazione dell’Eternit AG e il barone belga Jean Louis Marie
/nGhislain De Cartier de Marchienne. Il processo è stato istituito dal pm
/nRaffaele Guariniello e i due dirigenti sono ritenuti responsabili della morte
/ndi numerosi ex-dipendenti delle fabbriche Eternit.

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Il personale è stato a contatto con l’asbesto, le cui
/nfibre hanno provocato mesotelioma pleurico, asbestosi e tumori.

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La fine del processo in primo grado arriva il 13 febbraio
/n2012 dopo 66 udienze per i fatti che si riferiscono ad un arco di tempo di
/ndiversi decenni a partire dal 1952.

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Gli ex-dirigenti della grande holding svizzera
/ndell’amianto sono stati ritenuti responsabili per disastro doloso permanente e
/nomissione dolosa di misure anti-infortunistiche, erano accusati di aver
/ncontinuato a mantenere operative le fabbriche per ottenere profitto, pur
/nessendo consapevoli della pericolosità dell’amianto. I due sono stati
/ncondannati a 16 anni di reclusione ciascuno e ad una indennità per danni di
/ncirca 100 milioni di euro che andranno sia ai malati e alle loro famiglie ma
/nanche ai sindacati, ai comuni e alle associazioni.

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Lunghissimo
/nl’elenco dei risarcimenti, la cui lettura da parte del giudice Giuseppe
/nCasalbore è durata tre ore.
Quello per le vittime dell’amianto è stato
/nun processo con oltre duemila morti, più di 650 malati, quasi 6.500 richieste
/ndi costituzione di parte civile. La condanna è arrivata dopo oltre due anni di
/nprocesso e riguarda gli stabilimenti di Cavagnolo, a Torino e Casale
/nMonferrato, ad Alessandria, mentre il reato è prescritto per Rubiera, a Reggio
/nEmilia e Bagnoli, a Napoli.

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Sono arrivati da tutto il mondo per la sentenza, da
/nFrancia, Belgio, Inghilterra, Svizzera, Brasile. Le delegazioni di ex
/nlavoratori e familiari sono nella speranza che il caso italiano faccia
/ngiurisprudenza in tutto il mondo, anche dove l’amianto si lavora ancora, come
/nin America meridionale, in India e Cina ma anche per la Francia, dove la
/nlegislazione non prevede l’imputazione penale per disastro ambientale doloso,
/nné la possibilità di class action.

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Il pm Raffaele Guariniello :“Abbiamo un grande
/ncompito, dare una risposta a questa sete di giustizia che arriva dalla
/npopolazione.  Dobbiamo entrare nelle stanze dei consigli di
/namministrazione perché è lì che si decidono le politiche aziendali e quanto si
/nspende per la sicurezza”.

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Il pm è noto anche per la causa contro l’acciaieria
/nThyssenKrupp e
/ni casi di doping in ambito calcistico; con il caso Eternit si segna una nuova
/nvittoria sia per reati commessi contro i lavoratori e le loro famiglie sia per
/nl’ambiente.

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Di sentenze simili nel mondo ce ne sono pochissime, sono battaglie in
/ncui è stata riconosciuta la colpevolezza dell’azienda: nel 1984 nella fabbrica
/nUnion Carbide, una fuoriuscita di pesticidi uccise 15.000 indiani, nel 1976 a
/nSeveso, dall’azienda Icmesa ci fu una fuga di diossina che provocò una nube cui
/nfurono esposte 37.000 persone, nel 1966 in California l’impianto Hinkley
/nCompressor Station contaminò con cromo esavalente le falde acquifere del suolo
/ncircostante, provocando decide di casi di tumore.

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Fuori dall’aula del Tribunale di Torino, un presidio
/ncostituito da famigliari delle vittime italiane ed europee, ma anche tanti
/nattivisti politici e militanti di associazioni, in attesa della sentenza della
/npiù grande causa in materia mai celebrata in Europa.

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È una sentenza che ha sancito la
/ncolpevolezza dei responsabili ed è un monito di grandissima rilevanza, in
/nquesto momento di difficoltà finanziarie, ci dice che il dato economico è
/nimportante, ma che la vita umana lo è di più”, ha dichiarato Bruno Pesce,
/npresidente dell’Associazione dei familiari delle vittime dell’amianto”.L’aspettativa
/nè grande”, spiegava Romana Blasotti, presidente dell’Associazione
/nfamiliari e vittime dell’amianto. La signora Blasotti ha perso cinque familiari
/na causa dell’amianto, “Il pensiero di aver giustizia sarebbe per noi il
/ncoronamento di 30 anni di lotta”.

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Ma Casale Monferrato, dove si trovava lo stabilimento più
/ngrande, non è l’unica realtà dove si muore di asbestosi, di mesotelioma o di
/ntumore alla laringe per esposizione ad amianto.

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In Italia la produzione industriale è ormai cessata, ma a
/ncausa della presenza della sostanza in molti luoghi e prodotti, l’amianto miete
/nancora vittime. Fino al 1992 è stato usato nella cantieristica navale, nelle
/ncoibentazioni, nei rotabili ferroviari, nell’industria e nell’edilizia e sono
/nproprio le sue polveri ad essere letali e senza bonifiche monitorate ed
/nesaustive il problema persiste ancora.

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Dagli anni ’90 in cui è stata bandita ogni forma di
/nproduzione, importazione e commercio di materiali contenenti amianto, non siamo
/nancora liberi dai residui della lavorazione o delle strutture che contengono le
/nfibre di asbesto.

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“ La
/nsentenza è importante, può servire a sviluppare in tutto il mondo, una campagna
/ndi denuncia contro l’uso dell’amianto”. L’ha detto Nicola Pondrano, ex
/noperaio Eternit e storico leader del movimento di lotta all’amianto di Casale
/nMonferrato che iniziò a parlare dei danni provocati delle polveri di asbesto
/nnegli anni ’70. Fu grazie alla segnalazione del signor Pondrano che iniziarono
/nle indagini epidemiologiche e nel 1981 ci fu una causa civile contro Eternit e
/nInail.

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La causa fu intentata da 80 operai che accertò, nei tre
/ngradi di giudizio, la sussistenza di condizioni di rischio all’interno dello
/nstabilimento.

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A Torino, è stato emesso un verdetto che riconosce i
/ndanni dell’amianto e le responsabilità dei vertici dell’azienda Eternit, che
/nerano a conoscenza della nocività dalla sostanza ma che non hanno provveduto né
/nsul piano umano né su quello ambientale.

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