La Banca mondiale ha tagliato le stime del Pil globale del 2022 dal 4,1% previsto, al 3,2%.
A preoccupare maggiormente l’Istituto è il rallentamento della crescita, l’inflazione e il rialzo dei tassi di interesse. Questo – secondo la Banca mondiale – comporterebbe il rischio di stagflazione, una situazione economica caratterizzata da alta inflazione e bassa crescita del Pil. A causa dell’incertezza sull’evoluzione degli scenari di guerra e alla recrudescenza della pandemia, la Banca mondiale ha annunciato un pacchetto di misure da 170 miliardi di dollari per aiutare i paesi membri in difficoltà.

Negli ultimi giorni si è parlato molto di rischio stagflazione. La stagflazione è una situazione economica nella quale sono presenti contemporaneamente un aumento generale dei prezzi (inflazione) e una decrescita dell’economia in termini reali (stagnazione).L’area euro ha registrato una forte crescita dell’inflazione con un aumento dei costi delle materie prime e dei beni energetici. Una situazione che assomiglia a quella degli anni ’70 con lo shock petrolifero. L’aumento generalizzato dei prezzi comporterebbe una diminuzione del potere d’acquisto dei consumatori e di conseguenza, un rallentamento generale dell’economia e un incremento del tasso di disoccupazione.

In un’economia di mercato ottimale, una condizione escluderebbe l’altra: una crescita del Pil comporterebbe un aumento dell’occupazione, dei consumi e la crescita dei prezzi di beni e servizi. Al contrario, l’obiettivo di contenere la spinta inflazionistica da parte della Banca Centrale, decreterebbe ricadute sulla domanda e quindi sul prodotto interno lordo.

In una condizione di stagflazione invece, gli interventi della Banca centrale sarebbero resi molto difficili dalla coesistenza di inflazione alta e stagnazione economica. Per contenere la crescita dei prezzi, la Banca centrale dovrebbe intervenire sulla quantità di moneta circolante e sul tasso di interesse diminuendo l’acquisto di titoli di stato. Applicando una politica monetaria restrittiva, perciò si ridurrebbe il circolante e aumenterebbero i tassi di interesse, con la conseguente riduzione di consumi, investimenti e prezzi. Con un costo altissimo per l’economia reale. Anche se le Banche centrali, per ora, sembrano riluttanti ad aumentare i tassi di interesse che risultano attualmente molto negativi.

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