L’Inps propone un’anticipazione della quota contributiva a 63/64 anni che consentirebbe il pensionamento di 50mila lavoratori in più nel 2022, 66mila nel 2023, 87mila nel 2024.
Per l’assegno completo, con la quota retributiva, bisognerebbe invece aspettare i 67 anni. Questa nuova misura spetterebbe a coloro che hanno accumulato 20 anni di contributi e ha una quota di pensione di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale e, tale previsione, farebbe riferimento al trattamento “medio” di 1500 euro lordi mensili: ci si aggirerebbe intorno ai 25 euro al mese, per un totale di 300 euro lordi l’anno. Inoltre, la rivalutazione degli assegni previdenziali in base all’inflazione potrebbe riguardare circa 23 milioni di contribuenti: secondo l’Istat, il tasso di inflazione è tuttavia già arrivato a settembre fino al +1,7%.
Questo tema è all’attenzione del Governo, che nella prossima manovra, dovrà affrontare tale tematica e trovare una soluzione allo scadere di quota 100. Alle pensioni, peraltro, verrà destinato, a quanto si apprende da fonti di maggioranza, circa un quarto del ‘tesoretto’ da 22 miliardi, quindi poco più di cinque milioni, un capitolo di spesa in cui rientreranno anche l’ampliamento di Ape social che può costare fino a 127 milioni il prossimo anno e la rivalutazione degli assegni per sterilizzare gli effetti della caduta del Pil.
L’unica cosa che al momento appare certa è il drastico aumento dei prezzi, senza che all’orizzonte si riesca ad intravedere una risalita.
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