Invece che scivolare sulle bucce di banana, potemmo utilizzarle per costruire. È questo in breve quanto potrebbe accadere in un futuro prossimo stando al nuovo processo introdotto dalla Rice University di Huston dal laboratorio del chimico James Tour, che ha mostrato un metodo per produrre quantità considerevoli di materia contenente carbonio – rifiuti organici e scarti alimentari, ma anche plastica, pneumatici e carbone – in fiocchi di grafene.
Il grafene è un materiale costituito da un singolo strato di atomi di carbonio (ha quindi lo spessore dell’atomo) disposti in una struttura esagonale. Flessibile come la plastica e resistente come il diamante, si sta rivelando utile nei più disparati campi, dall’elettronica (la produzione di semiconduttori e batterie), alle attrezzature sportive.
Finora, la sua diffusione e applicazione è stata fortemente limitata dagli alti costi di produzione, con prezzi che vanno fai 67.000 ai 200.000 dollari alla tonnellata, ma Tour potrebbe aver cambiato le carte in tavola.
La tecnica messa a punto consiste nel riscaldare il materiale a base di carbonio per 10 millisecondi a 3000° Kelvin (circa 2700° C), dando vita a quello che Tour chiama grafene flash. La trasformazione non utilizza solventi o altri prodotti chimici, rilascia solo molecole di azoto e ossigeno (riutilizzabili) e disperde l’energia in eccesso con un bagliore di luce.
L’utilizzo del flash grafene nell’edilizia, prospettato dall’università americana, permetterebbe di ridurre l’impatto del cemento sull’ambiente, la cui produzione e trasporto impatta da sola per l’8% delle emissioni annuali di anidride carbonica; uno 0,1% di grafene nella miscela, infatti, diminuirebbe di un terzo l’utilizzo di cemento nella miscela di calcestruzzo.
 

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