Non bastavano le modifiche apportate dalla manovra a rovinare il rientro degli italiani dalla vacanza, l’ennesima stangata arriverà a partire dal 1° settembre, andando ad incidere pesantemente su un settore che in Italia non può certo considerarsi florido: l’editoria. Da domani, infatti, saranno in vigore  nuove disposizioni riguardanti la disciplina del prezzo dei libri che certamente modificherà le abitudini di molti lettori: secondo quanto stabilito dalla legge Levi, che mira a contribuire allo sviluppo del settore librario, alla promozione del libro e della lettura, nonché alla diffusione della cultura, non sarà più possibile applicare uno sconto superiore al 15% sul prezzo dei libri. Alcune eccezioni sono previste in caso di manifestazioni di rilevanza internazionale, nazionale o regionale o in favore di biblioteche, musei pubblici, istituzioni scolastiche e università, ma mai con sconti al di sopra del 20%, mentre agli editori è stato consentito di realizzare campagne promozionali, non superiori ai 30 giorni e ad esclusione del mese di dicembre. 
Come al solito, a farne le spese saranno i consumatori che non potranno più beneficiare degli sconti applicati dai negozi online (in testa Amazon e Ibs con sconti superiori al 50%) e dalle grandi catene commerciali e supermercati.
Era proprio necessario questo cambiamento, in un momento tanto delicato che registra un crollo dei consumi dell’1,2% che riporta vagamente la situazione dell’Italia del 2000, secondo quanto evidenziato dagli esperti?
L’unica, magra consolazione è  che l’Italia non sta peggio di altri paesi europei in cui la legge è ancora più restrittiva: la Danimarca, ad esempio non applica alcuno sconto, mentre in Francia, Spagna e Germania è appena del 5%.
Tutto ciò ci lascia ancora perplessi, può infatti tale variazione incrementare e promuovere la lettura e la cultura?
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