Nel sequestro di alcuni container provenienti dall´Africa, stipati di prodotti alimentari e farmaceutici non in regola, c´è anche un equivoco – diciamo – “culturale”. Ai militari della Guardia di Finanza, protagonisti dell´operazione, poco importa: bloccando quelle merci e denunciando gli importatori hanno giustamente applicato le normative dell´Unione Europea. E il buon senso, visto che buona parte del materiale era scaduto. Vale tuttavia la pena di spiegare che la merce era tutta destinata ai mercati «africani» di Genova e del resto dell´Italia del Nord. I consumatori, cioè, sono persone che magari da anni e generazioni vivono e lavorano all´ombra della Lanterna, ma che hanno in parte conservato abitudini della terra d´origine. In altre parole, se una porzione di pesce affumicato – magari confezionato con cellophane e nastro da pacchi – ad una casalinga di Bavari può apparire difficilmente commestibile, per un´omologa di Yaounde trasferitasi sulle alture di Genova può essere il piatto più prelibato del mondo. E sempre in questo senso va letto il sequestro di una montagna di creme “sbiancanti”. E´ un prodotto di bellezza ambitissimo da molte donne africane, che vorrebbero sembrare meno nere possibili e quindi provano di tutto pur di scolorire la propria belle. Grosso modo gli stessi sacrifici – se non di più – che accettiamo di fare noi a patto di abbronzarci. Il punto è che quasi tutte queste creme schiarenti sono state bandite dall´Unione Europea perché contengono sostanze – Hydro Chinone, corticosteroide – che depigmentano la pelle ma sono cancerogene. E però molte donne africane continuano a consumarle, esattamente come molti europei restano esposti al sole a lungo – senza protezioni adeguate – pur sapendo che un comportamento del genere può essere molto pericoloso per la salute.

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