Mette a rumore allevatori di bufale e operatori del comparto della mozzarella ma anche i consumatori l’inchiesta che vede indagate in Campania 109 persone su iniziativa della Dda e della Procura della Repubblica di Napoli. Si è partiti da un’indagine sui clan del casertano per arrivare al sequestro di caseifici e allevamenti, dopo la scoperta di diossina in valori superiori alla soglia consentita dalla legge. L’attenzione è concentrata in particolare su 83 aziende che hanno rifornito di latte 29 caseifici nei quali è stata evidenziata la presenza anomala di diossina. Ora si attendono i risultati delle analisi sui campioni prelevati dall’Istituto zooprofilattico sperimentale di Portici (Napoli) e portati nei laboratori per le diossine di Teramo. Anche oggi i carabinieri del Noe e del Nas hanno effettuato prelievi. I controlli effettuati in 24 ore sono 120: oltre a ingenti quantità di mozzarelle, sono state trovate fialette di anabolizzanti e di ormoni della crescita. Le persone indagate sono gestori di caseifici, funzionari pubblici, titolari di aziende bufaline. Alcuni di loro erano già stati coinvolti in indagini sui clan casertani. Questo filone infatti prende avvio dalla vicenda dello smaltimento di rifiuti tossici, attività svolta per anni dalle organizzazioni criminali del Casertano. Le ipotesi accusatorie sulla quale si indaga sono avvelenamento di sostanze alimentari, frode, commercializzazione di prodotti adulterati. L’inchiesta tende ad appurare perchè non si sia provveduto a bloccare la vendita nei caseifici coinvolti, nonostante la presenza di diossina in valori superiori alla soglia consentita sia emersa fin dallo scorso mese di novembre. Resta da capire quale sia il livello di responsabilità in questa vicenda di Asl e Comuni interessati. Un aspetto preoccupante che emerge riguarda il fatto che, dopo quelli sulle discariche, erano sbagliati anche i controlli sul latte. E questi errori avrebbero portato a sottostimare la presenza di diossina. Secondo il commissario dell’Istituto zooprofilattico di Portici, Antonio Limone, “in questa vicenda non c’entra l’emergenza rifiuti. Il problema sono i siti contaminati e le aree nelle quali si trovano gli allevamenti. Comunque, non ci sono pericoli per la salute se non c’è un consumo massiccio, di quantità notevoli e per un lungo periodo”.

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